Quando si parla di apprendimento non si può fare un discorso che sia valido per tutti: uno dei pochi punti saldi che abbiamo sull’apprendimento è che non esiste un unico modo di apprendere. Ognuno elabora le informazioni che si trova di fonte con metodi diversi, che per gli altri possono non essere altrettanto efficaci. Molti di noi hanno persino metodi di apprendimento diversi in base al materiale che devono studiare, o allo scopo del loro apprendere.
Se apprendere meglio è davvero ciò che vogliamo, dovremmo ammettere con noi stessi che un metodo universale non esiste e che se teniamo a ciò che desideriamo imparare o ai suoi risultati, sia che si parli di una presentazione di lavoro che di un esame importante, è necessario trovare tempo e sforzo da dedicargli.
Crediamo davvero possibile ottenere l’80% del risultato che desideriamo con solo il 20% dello sforzo?
Il metodo di apprendimento facile e veloce? Non esiste.
C’è una ragione se molti degli articoli su come memorizzare informazioni in modo facile e veloce che ci attraggono con un titolo promettente, una volta aperti, ci deludono in fretta: ci illudono descrivendoci un modo semplice e veloce di apprendere, che richiede poco impiego di tempo e poco sforzo, ma che nella pratica non aiuta nessuno.
Quello che invece possiamo imparare è utilizzare il nostro tempo e le nostre energie in modo ottimale, così da essere invogliati a impiegarli anche la volta seguente. Perché è proprio questo il nocciolo del problema: non siamo disposti a impiegare tempo e sforzo perché la nostra esperienza ci ha insegnato che non sempre ne vale la pena. Se avessimo sempre ottenuto un ottimo risultato, non ci affanneremmo così tanto alla ricerca di un nuovo metodo di apprendimento rivoluzionario.
L’uso di quel tempo di ricerca, dovremmo impiegarlo piuttosto alla ricerca di quello che è il nostro metodo di apprendimento ottimale. Che sia in un bar affollato, o in uno studio silenzioso con del white noise in sottofondo, che sia disegnando schemini semplificativi o ripetendo i concetti alla fine di ogni pagina, o che sia in intense sessioni notturne o in un tempo scandito da pause programmate, l’importante è che quella sia la modalità che ci permette di sfruttare al meglio il nostro tempo e le nostre forze.
Per questo scopo, di strumenti e soluzioni efficaci ce ne sono per davvero e in questa impresa spesso l’innovazione ci viene incontro; i bistrot con free wi-fi, le applicazioni con combinazioni di rumori di sottofondo, i tool che ci permettono di creare schemi in poco tempo, le app pomodoro che ci dicono quand’è ora di fare una pausa.
L’apprendimento tra carta e digitale
Perché allora di fonte a grandi tomi, documentazioni importanti, o articoli lunghi più di due schermate ci sembra che manchi ancora qualcosa? Forse perché questa innovazione si continua a scontrare con un divario che è difficile da colmare, ovvero quello tra carta e digitale.
Sul digitale è possibile immergersi con velocità in diversi livelli di approfondimento e ampliamento del testo di cui ancora oggi ci meravigliamo, ma in pochi riescono a sopportare lunghe sessioni di lettura su schermo luminoso senza uscirne con il mal di testa. Gli e-reader hanno provato a colmare questo divario, ma continua a mancargli parte della praticità della carta e della facilità di lavorare su un documento cartaceo che non sia narrativa.
Questo divario si fa notare molto di più quando si parla di apprendimento, perché si scontra con due tra le metodologie di studio più diffuse e funzionali: l’evidenziazione ed il riassunto.
Sembra che nessuno strumento digitale riesca ad eguagliare la praticità di evidenziare che si ha sulla carta, soprattutto con diversi colori a cui si assegnano diversi significati; certo in alcuni casi si può fare, ma andare alla ricerca dell’ultimo concetto evidenziato di colore turchese diventa poco pratico rispetto allo sfogliare un libro.
Il riassunto presenta difficoltà simili, ma all’opposto: quando si ha di fronte un testo cartaceo riassumere si traduce in un noioso lavoro di riscrittura, mentre digitalmente si può procedere più velocemente con il copia e incolla. Quando sullo stesso documento poi si vuole procedere con entrambi, il tempo e lo sforzo impiegato sembrano solo persi.
La soluzione offerta da Kjuicer
E’ questo divario nel campo dell’apprendimento su cui la tecnologia del Kjuicer (a tutti gli effetti knowledge juicer) ha cercato di lavorare, rendendo il lavoro di evidenziazione di un testo, la catalogazione dei contenuti, la gerarchizzazione di questi in termini di importanza, e infine la creazione di un riassunto, il più efficienti possibili e facendo sì che un testo in versione digitale fosse davvero più facile da apprendere piuttosto che uno cartaceo.
Lo scopo del Kjuicer è proprio quello di far sentire chi lo utilizza soddisfatto del tempo speso nella lavorazione su un testo, e contento del grado di apprendimento che è riuscito ottenere con il proprio sforzo. Sforzo che non dovrà più replicare potendo accedere al riassunto o alle evidenziazioni senza dover navigare il testo; magari risparmiando questo sforzo ad altri che non hanno bisogno di approfondire il testo, condividendo con loro il lavoro già fatto, proprio come quando a scuola ci si scambiavano schemi e riassunti.